Talento, determinazione e una grande maturità di adattamento, alla vita e nel lavoro. L'attrice Beatrice Arnera è indubbiamente uno dei volti moderni del cinema italiano, studi classici, ma poliedrica come poche, forse la sua cifra stilistica migliore, nell'attraversare brillantemente ruoli di donne diverse, ironiche e forti. Da Acqui Terme, in provincia di Alessandria, dov'è nata, all'ultima Mostra di Venezia, la sua è una carriera in netta ascesa, che ora la proietta, da protagonista femminile, in Romolo + Giuly: la guerra mondiale italiana, nuova serie – evento di Fox, rivisitazione comedy di Shakespeare, in onda su Sky a partire dal 17 settembre. Prima tappa seriale importante, che la condurrà a gennaio dell'anno prossimo ad entrare in un'altra di successo, la quinta stagione di Un passo dal cielo, guardando ad un futuro pieno di sogni, progetti e letture, come quella di adesso, Molto forte, incredibilmente vicino di Jonathan Safran Foer.

Ti stai godendo un bel momento, anche se non è stato facile...

Sono dovuta crescere molto in fretta come in tutte le cose, ma quando sono più sofferte e vissute danno più soddisfazione se vuoi raggiungere un obiettivo. A tre anni (dopo il divorzio dei genitori, ndr), mi sono trasferita insieme a mia madre, a Roma, nel mio caso è anche l'essere diventata poi a 17 anni ufficialmente adulta, dovendo così far fronte a tante responsabilità, la casa, la scuola, momenti capaci di trasformare ciò che all'inizio era un gioco, nella professione di attrice. Non sarei quella di oggi se non ci fosse stato un percorso così tortuoso.

Nel cercare la propria identità, cosa si impara?

A giocare l'arma dell'ironia quando vedo intorno cose troppo accademiche e bon ton, forse è la mia cifra. Serve a ricordarmi da dove provengo e quanto intenso è stato.

Come ti definisci?

Non credo di essere timida purtroppo, forse mi farebbe bene, sono fin troppo diretta! Per me è più facile far ridere qualcuno, che imporre dei canoni distanti, l'umanità fa la differenza.

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Marzia Ferrone

Torniamo un attimo al personaggio di Giuly Copulati, perché hai accettato?

La serialità è una grande palestra per imparare altri aspetti tecnici. Qui l'umorismo, un po’ surrealista, è il pane di questa storia, un genere di comicità sempre innovativa, che può assomigliare alla lontana a quella sperimentata grazie al genio dei The Jackal in Addio Fottuti Musi Verdi. Era un'occasione da non perdere e a cui tengo particolarmente. Paradossalmente faccio fatica a guardare la televisione, solo Netflix mi ha fatto però ricredere, sono letteralmente impazzita per serie come The End of the F***ing World, o Orange Is the New Black.

Non ti piacerebbe interpretare storie a tinte più “forti”?

Sto tentando di lanciarmi, senza paracadute, nel magico mondo del drammatico, e lì provare a vedere, non vedo l'ora di essere vista e giudicata anche per altro, purtroppo viviamo in un mondo troppo legato all'immagine.

Ovvero?

Vengo “cazziata” in continuazione, non sono abbastanza social, mi accorgo io stessa di pubblicare poco rispetto ad altri, Facebook lo uso una volta al mese, con i miei amici o persone che conosco non parliamo di Instagram, che dopo il ruolo in Tini – La nuova vita di Violetta è letteralmente esploso. Ho dovuto imparare a gestirlo, pubblicando cose che piacciono a me.

Poco social, però con tante passioni, una su tutte, la musica.

Compongo è vero, sono una chitarrista e canto, l'ho ereditato comunque da generazioni. Mio nonno è sempre stato un flamenchista, suonava la musica manouche, gitana, così mia madre, anche lei suona ed è una cantante lirica, io mi sono buttata sul bossanova, anche se la sperimentazione e lo studio vanno avanti. L'anno scorso interpretai Clementina al Brancaccio di Roma, in Aggiungi un posto a tavola suono un po’ di pianoforte, scrivo testi, mi piacerebbe, chissà, anche intraprendere una carriera discografica, ho già parecchi pezzi da parte. Crescere in mezzo ad un ambiente pieno di suggestioni ha fatto sì che potessi imparare, sono un altrodidatta ecco.

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Marzia Ferrone

Cosa ti piace ascoltare?

Il ponte è molto ampio, da Edith Piaf a Giorgio Gaber, l'operetta ovviamente, la musica non cantata, anche se sono apertissima alla novità, in generale la mia curiosità tende a guardare sempre oltre.

Ti vedresti lavorare fuori dall'Italia?

Ho bisogno di mettermi in difficoltà, l'esperienza estera potrebbe essere una bellissima opportunità, per capire se casco e mi faccio male, oppure se riesco ad atterrare in piedi.

Che valore dai alla moda invece?

Nella giusta misura, quando viaggio però nel mio bagaglio non può mancare un accessorio, senza il quale non riesco quasi a muovermi, è il mio capo –rifugio, un paio di stivaletti di pelle, una sorta di copertina di Linus regalatomi dalla compagna di mio padre, vengono sempre con me.

Se dovessi pensare ai tuoi riferimenti, chi ti viene in mente?

Vivo le mie giornate cercando reperti di Walter Chiari, Bice Valori, sono appassionata follemente di quell'epoca e di quel tipo di comicità spontanea e per nulla volgare. Ho deciso che da grande voglio però diventare Jennifer Lawrence, se potessi fare solo un decimo della sua carriera sarei la persona più felice del mondo (ride, ndr).

E nella vita di tutti i giorni ?

Voglio diventare madre, è un sogno che spero di realizzare presto, nel rispetto dei tempi e della giusta serenità. Realizzarsi nel privato, quanto nel lavoro, è l'obiettivo che come donna mi auspico.